20 Giugno 2019

Alla scoperta di Trentodoc

Quattro giorni nelle vigne tra bollicine e luoghi incredibili

“Ciao Chiara, vuoi essere dei nostri per un tour organizzato da Trentodoc a metà giugno?”.

 

Tutto è iniziato così, con un po' di scetticismo da parte mia per il semplice motivo che non mi sento abbastanza preparata per affrontare l’argomento vino; vero è che se non si inizia da nessuna parte non si imparerà mai. Morale della favola? Accetto l’invito con molta umiltà e mi preparo a vivere un’esperienza che sa di montagna e bollicine.

Una scelta super azzeccata perché, rientrata alla base ieri dopo una quattro giorni tra vigne, cantine e metodo classico, posso sfoderare un sorriso a trentasei denti. E mi accingo a raccontarvi con molta semplicità (non si diventa sommelier in così poco tempo) ciò che ho avuto modo di apprezzare in questo territorio verde smeraldo!

Ah sì, prima di iniziare ci tengo a precisare che tutto ciò che ho sperimentato è alla portata di tutti; vi basterà infatti contattare la cantina che volete e...via! Che dite, iniziamo?

Parto dalla realtà più grande e con parecchia storia alle spalle: Ferrari. Fondata nel 1902 da Giulio Ferrari, nel 1952 viene acquisita dalla famiglia Lunelli che ancora oggi, alla terza generazione, ne porta alta la bandiera, con 5mila bottiglie annue e 20mila in cantina. Numeri da capogiro. Le loro vigne, prevalentemente di Chardonnay, dal ‘69 vantano anche la presenza del Pinot nero; Pinot nero che dal 1972 veste pure rosé. «Ne presentammo 12 bottiglie a 120 invitati: non ne rimase nemmeno un goccio. L’esperimento era riuscito!» racconta Camilla Lunelli.

Qui oltre alla cantina è possibile visitare pure la splendida Villa Lunelli, dimora estiva del ‘500 che fa parte della proprietà; credetemi, gli affreschi e il portico vi lasceranno a bocca aperta!

Altra tenuta che val bene una visita è Moser, che molti di voi ricorderanno come uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi. E proprio a Francesco Moser è infatti dedicato uno spazio adibito a piccolo museo che raccoglie biciclette e trofei. Sì, va bene. Ma da qui si gode pure di una vista pazzesca su Trento e sulle sue vigne a pergola.

Moser conta 18 ettari sparsi in 3 vigne, che spaziano dai 250 ai 650 metri di quota per un totale di 150mila bottiglie annue con certificazione Bio. Scusate se snocciolo numeri come se non ci fosse un domani ma non posso fare diversamente! Il loro cavallo di battaglia? Il 51151, uno spumante metodo classico Trentodoc creato quasi per gioco nel 1985 e che ancora oggi detiene il primato per migliori vendite!

...e il vino più particolare? Il Moscato giallo.

Proseguiamo questo viaggio alcolico con Revì, che con i suoi 3 ettari ci propone il dosaggio zero; a condurmi tra le vigne ci pensa Giacomo ed è proprio qui che per la prima volta provo una sboccatura à la volée (e non annaffio solo il prato, battezzo pure la fotografa che cercava di immortalare il momento).

Producono 50mila bottiglie annue, una piccola e preziosa realtà vinicola alla continua ricerca di qualità; l’ultimo nato è il Cavaliere Nero, un Trentodoc riserva rosato.

Ed ora una piccola chicca. Se volete curiosare una realtà veramente particolare vi consiglio di dirigervi a Levico Terme, alla Cantina Romanese; qui, nel cuore della Valsugana, due giovani fratelli, Giorgio e Andrea, vi accoglieranno per una degustazione da affinamento nel LAGO!

Eh sì, avete letto bene, il loro Trentodoc viene lasciato a 20 metri di profondità nel lago di Levico, dove la temperatura rimane costante oscillando dai 6 agli 8 gradi in tutte le stagioni (anche quando lo specchio d’acqua è ghiacciato). Io ho avuto la fortuna di andare a recuperare le bottiglie proprio qui, accompagnata da una barchetta. Quest’esperienza è solo per pochi, però (ma la gita sul lago ve la consiglio comunque, anche perché si tratta di un posto magico con tanto di camping e centro balneare attrezzatissimo degno di Milano Marittima).

Immancabile poi una passeggiata a Trento, perla stupenda. E la tappa d’obbligo qui è Palazzo Roccabruna, un posto incredibile dove ho assaggiato 53 etichette di spumanti tutti Trentodoc; ho avuto anche la possibilità di essere guidata da Simone Lo Guercio, Best Sommelier AIS (Associazione Italiana Sommelier) 2018 Premio Trentodoc, in una degustazione pazzesca.

No, non è ancora finita! Non vorrete mica perdervi Cesarini Sforza nella Val di Cembra? Una super azienda che dal 1974 si prende cura delle vigne in maniera formidabile. Anche loro propongono degustazioni e visite in cantina ed io ho avuto l’onore di aver come interlocutore l’enologo della cantina: Ezio Dellagiacoma! Un aperitivo in vigna con una magnum vendemmiata l’11 settembre 2001, vi dice qualcosa?

Mi rendo conto solo ora di avervi portato per mano a destra e manca senza spiegarvi cos’è realmente Trentodoc. Detto, fatto.

Trentodoc nasce da un’attenta cura della vite; i grappoli maturi al punto giusto sono raccolti a mano e subito sottoposti a pressatura soffice, che permette di ottenere solo mosto fiore, ricco di profumi e aromi. Segue la prima fermentazione, che deve avvenire lentamente e a bassa temperatura per far sì che tutte le componenti aromatiche non perdano le proprie caratteristiche di eleganza e delicatezza.

Il vino che si ottiene da questo meticoloso processo è pronto per trasformarsi nel prestigioso Trentodoc. Comincia dunque il processo denominato “metodo classico”; con la fase dell’imbottigliamento, al vino è aggiunta la liqueur de tirage, uno sciroppo composto dallo stesso vino, da lieviti selezionati e zucchero di canna. All’interno delle bottiglie, chiuse con un tappino “bidul” e un tappo a corona, avviene la fase della presa di spuma, durante la quale i lieviti trasformano gli zuccheri in alcol e anidride carbonica.

Musica alla Super Quark, grazie.

A questo punto non rimane altro che aspettare che il tempo faccia il resto, le bottiglie adagiate in cataste riposano per un periodo variabile, dettato dal disciplinare di produzione del Trentodoc. Trascorso questo periodo avviene la fase del remuage: le bottiglie, disposte a testa in giù su appositi cavalletti, vengono fatte ruotare in modo che i lieviti residui si depositino contro il tappo.

Rimane ora solo l’ultima fase del metodo classico, la sboccatura o degorgement, che consiste nel gelare parte del vino contenuto nel collo della bottiglia e nel togliere il tappo in modo che il deposito contenuto nello stesso fuoriesca per pressione. Si procede infine con il rabbocco e l’aggiunta di uno sciroppo di vino e zucchero che determinerà la tipologia di Trentodoc ottenuta.

Da dosaggio zero (senza aggiunta di zucchero) a dolce.

Questo è Trentodoc.

E voi che dite? Non siete curiosi di stappare una bottiglia? 🙂

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