Eccomi qui con la mia 500 L del 1972 a guidare tra i prati del Carso sloveno, a soli 13 minuti dal confine di Pesek.
Il sole sta tramontando e mi regala una fantastica luce che illumina la piccola cittadina di Rodik, il suo campanile di pietra e le poche case divise da stradine strette. Pura magia. Per l'esattezza mi trovo sul confine tra Carso e Brkini, in una terra che profuma di erba appena tagliata e lavanda.
Ed è qui che, in una tipica casa carsica, mi accoglie l'insegna di Gostilna Mahorčič
Non fatevi ingannare dal nome. Ve lo dico perché noi triestini alla parola gostilna (che in sloveno significa ristorante) ci prefiguriamo un locale dell’ex Jugoslava dove si possono assaporare piatti di un tempo come gnocchi con gulasch, ljubljanske (milanese doppia con all’interno prosciutto crudo e formaggio), stinco di maiale e palacinke (crêpes).
Nulla di tutto ciò qui, mi racconta Ksenija Krajsek, moglie di Martin Mahorčič: la tradizione rimane ma declinata ai giorni nostri. Ksenija inizia a lavorare in questo posto nel 1993 per puro caso; dava una mano a quello che all'epoca era il suo moroso...oggi compagno di vita 🙂 Lei laureata a Ljubljana in diritto pubblico. Lui, figlio d'arte, chef e sommelier.
Una coppia che si è scambiata i ruoli, perché Ksenija col tempo si appassiona alla cucina partendo dai dolci e da svariati corsi in Inghilterra e soprattutto in Italia. È lei che pian pianino rivede i piatti più tradizionali con l’approvazione di Jorika, mamma di Martin, che fino al 2006 rimane a condurre il ristorante e si fida ciecamente di questa ragazza. I cambiamenti, come sempre, non sono stati facili; Ksenija mi racconta infatti che non è stato semplice cambiare le abitudini a tavola dei numerosi clienti triestini che qui venivano (e vengono!) a mangiare.
Ed è sempre lei a raccontarmi sorridendo che quando sua suocera prendeva le prenotazioni, riconosceva subito i clienti abituali e sapeva esattamente, in sequenza, cosa avrebbero ordinato.
Sono stati davvero bravi e coraggiosi a proporre una piccola rivoluzione graduale in cucina senza abbandonare i sapori di questo meraviglioso luogo. Non a caso il menu che degusterò io (che non è il solo!) ha una storia da raccontare; quella delle donne di un tempo che, da Rodik, andavano a piedi a Trieste per vendere i prodotti della loro terra. Verdure, carne, latte, salumi e formaggi. Tornando portavano il sale e il pesce sulle tavole di queste case carsiche 🙂
Parliamo del ristorante? Eccomi entrare nella corte aperta del locale, sotto ad una pergola di vite dalla quale pendono grappoli d’uva ancora acerbi; i raggi rossi del sole al tramonto filtrano a malapena, illuminando diversi tavoli con tovaglie giallo chiaro. La vista si affaccia sulla parete di una casa dove una vite americana si è ormai impossessata dell’intera superficie lasciando aperti solo gli spazi occupati dalle finestre.
Sapete qual è la particolarità di questa pianta? Che fa un rumore simile a quello della pioggia. Se mi seguite su IG nelle mie stories avrete sicuramente capito di cosa sto parlando; delle piccolissime palline (probabilmente contenenti i semi della pianta) che cadono sulle foglie come goccioline d'acqua. Il rumore è quello...ed è super suggestivo quando il cielo è azzurro senza nemmeno una nuvola.
L’interno del locale è moderno ed ospita una magnifica stufa di maiolica che immagino serva per riscaldare le fredde serate con Bora sferzante che offre il mio amato Carso d’inverno.
Ma ora è arrivato il momento di un buon bicchiere di Rosè come aperitivo, accompagnato dal saluto della cucina. “Un tartufo”, una pallina di ricotta fresca ricoperta da polvere di funghi porcini secchi (raccolti nei boschi della Slovenia) servito con altre palline, questa volta di pane fritto. Vengo colpita dal piatto, una piastra di marmo contornata dal legno, tutti materiali che si trovano nel nostro territorio.
Colpita e affondata pure dalla seconda presentazione che, permettetemi di dirlo, supera la prima: sopra ad un mattoncino di ghiaccio ecco i Sardoni in savor con gelato di cipolle rosse. È un attimo. Il blocco di ghiaccio fa volare la mia mente alle donne di Rodik con le loro vecchie ghiacciaie.
Ma ecco arrivare un altro piatto che ricorda a Ksenija la sua infanzia e le domeniche in spiaggia: una grande pagnotta…ricoperta dal paté di pollo! Viene presentato con due tipi di pane; uno classico e uno fatto con lievito madre. Questa prelibatezza croccante accompagna il paté con un chutney di cipolla arrosta, un crumble di pane fritto, i lamponi secchi e la riduzione di succo di mela. Eccezionale.
Ad equilibrare questo piatto ulteriormente, una Ribolla di Blazic del 2013 fresca e profumata.
La carta dei vini è veramente ricca di etichette per la maggior parte slovene con la zona della Brda; non manca qualcosina di Francia e Italia ma Martin predilige la sua terra e i vini che meglio si accompagnano ai sapori della cucina di Ksenija. Come dargli torto?
Ed eccoci al momento del tagliolino. No, aspettate. Chiamarlo così è davvero riduttivo...non pensate a quella diavoleria di pasta fine e spesso stracotta (che io non amo particolarmente). Immaginate piuttosto una pasta doppia, da una parte bianca e dall’altra scura perché colorata dal nero di seppia, condita proprio con le seppie! Fantastico! Credo il tagliolino più buono mai mangiato in vita mia.
Segue poi un altro primo, un raviolo di pasta bianca all’ortica con un cuore di formaggio Jamar di Zidarich, accompagnato da una leggera crema di piselli e menta ed una schiuma di piselli! Una delicatezza saporita che era la fine del mondo! Quando è arrivato, il mio primo pensiero è stato “non lo mangio tutto altrimenti non riesco a finire la cena”. Beh, sapete com'è. Non sono riuscita a fermarmi!
Il secondo? Un filetto di capriolo con purè di patate e pistacchio, riduzione di amarena e chips di patate viola e foglie di salvia. Oh mamma, qui non mi è nemmeno servito il consueto coltello da filetto; la carne era talmente morbida che l'avrei potuta tagliare, con un po' di impegno, anche solo con la forchetta.
Prima dell’arrivo del dolce ecco un piccolo sorbetto per rinfrescare il palato, anche lui servito in un magnifico pezzo di ghiaccio che aiuta, specialmente in estate, a mantenerne la temperatura. Il suo sapore? Del territorio, ovviamente. Un connubio tra il Carso e il suo ginepro e il Brkini con la sua frutta. La pera, in questo caso.
Con un tempo perfetto di servizio tra un piatto e l’altro, mi arriva finalmente il dessert, la creazione che mi ha stupito forse di più di tutte perché, CREDO, non banalissima nella preparazione.
Un tortino di cioccolato bianco e caramello con pan di Spagna alle mandorle e un cuore liquido di pesche. Un dolce che ricorda le tradizionali pesche al forno, con un pan di Spagna leggero e senza glutine perché fatto con le mandorle.
Concludo la mia esperienza davanti ad una tazza di caffè Qubik; ed è sotto ad una via lattea strabiliante che inizio una fluente chiacchierata con Ksenija che mi racconta i passi fatti in questi anni per Gostilna Mahorčič e l’arrivo, come associato, di JRE Jeunes Restaurateurs d'Europe nella Repubblica Slovena.
È arrivata l'ora di tornare a casa e io non ho prenotato una delle sei camere disponibili per dormire qui a Domačija Linč ; riprendo possesso della mia 500 e con molta calma rientro verso Trieste attraversando la radura dell’andata (vi raccomando di andare molto piano perché qui potrete incrociare sulla strada qualche animaletto!).
Alla prossima avventura!
Ps
I COSTI?
4 portate 35.00 Euro
5 portate VEG 42.00 Euro
6 portate (il mio) 48.00 Euro
8 portate 69.00 Euro
Ph. Andrea Zangrando