12 Febbraio 2018

Un ex arbitro di basket tiene le redini della cucina dell’Antico Caffè San Marco

Piatti sinceri, erbe aromatiche e passione vi riempiranno il cuore

Per caso ricevo un messaggio d’invito a pranzo all’Antico Caffè San Marco.
Ed è diventato Chef per caso Matija Antolović, colui che mi ha poi fatto assaporare delicate leccornie in questo luogo…ma non per caso vi scrivo questo articolo 🙂

Tutto inizia qualche settimana fa quando vengo invitata a provare la cucina del ben noto “Antico Caffè San Marco. Libreria e Ristorante”; vi confesso, e non mi vergogno affatto a dirlo, che ho accettato con non poca diffidenza.

Non per cattiveria, sia ben chiaro. Conoscevo questo caffè storico triestino per il suo ottimo caffè, per la bellissima libreria che è stata creata al suo interno e per l’arredo dal sapore d’altri tempi: giuro, ignoravo che in questo ambiente dal sapore spiccatamente mitteleuropeo si potesse anche mangiare qualcosa.

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Ma, come vi dicevo, accolgo l'invito con la speranza di trovarmi piacevolmente sorpresa.

Ci siete mai entrati al San Marco? Gli specchi, le lampade, i palchetti scricchiolanti, i tavolini di marmo e ferro battuto, le boiserie...vi sentirete catapultati indietro nel tempo, cullati da tanta poesia.

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Vengo accolta da Alexandros Delithanassis, giovane gestore del locale; lui, triestino ma di chiare origini greche, veste con eleganza uno stile alla Humphrey Bogart, impermeabile cachi e cappello nero, un look d’altri tempi in tema perfetto con il locale!

Ci accomodiamo al tavolo e la chiacchierata terminerà solo due ore dopo. Sono curiosa, amo scoprire cose nuove e dunque inizio subissando il mio interlocutore di domande: sono fatta così!

E quale modo migliore per introdurmi a questa realtà se non quello di presentarmi chi sta dietro le quinte, ovvero in cucina? Eccolo Matija Antolović, classe 1984, un ragazzo sloveno altissimo e dall'aspetto molto serio. Vengo colpita dalla sua giovanissima età e dalla sua storia che, concedetemelo, vi racconto brevemente.

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Ex arbitro di pallacanestro, terminato l’Euro Basket nel 2013 decide per motivi personali di lasciare l’ambiente dello sport e cambiare strada. Accetta così la proposta di un suo conoscente, proprietario di un ristorante in un camping a Portorose, e si ritrova a stare in sala tra la gente: lui a servire i tavoli, l'altro in cucina. Fila tutto liscio fino a quando un giorno il suo amico, complice lo stress, accusa un malore nel bel mezzo del servizio; è così che Matija si ritrova giocoforza a dover prendere il suo posto in cucina...e va tutto benissimo.

Per oltre due anni questo giovane ragazzo si trova a stare dietro ai fornelli, e quando il suo conoscente torna al lavoro rivendicando il suo posto...beh, per lui era giunta l'ora di cambiare!

Si ritrova così a Fontane, Parenzo, dove insieme a sua mamma (fino ad allora casalinga) apre un piccolo ristorantino; certo, lavorare solo quattro mesi all'anno non è quello che vuole. E così, un bel giorno, quando gli si presenta  Alexandros il gioco è fatto!

Con questo breve racconto voglio solo porre l'accento sul fatto che è incredibile pensare che tutto ciò che ho potuto assaporare al Caffè San Marco, un menu degustazione che vede intrecciarsi tecniche particolari come affumicatura e fermentazione, sia nato da un ragazzo che fino a cinque anni fa faceva tutt'altro. Io non sono nessuno per dirlo ma secondo me di Matija ne sentiremo parlare ancora.

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Dicevamo, qui ho assaggiato sei portate saporite, genuine, fresche e dai toni poco spocchiosi ma punzecchianti. Piatti curatissimi, puliti ed eleganti che sto per raccontarvi per filo e per segno. Una sola precisazione, anzi due. Se dopo aver letto il mio articolo vorrete provarlo anche voi, sappiate che dovrete prenotarlo con un giorno di anticipo. Il prezzo, vini esclusi, è di sessanta euro.

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(Ah, ancora una cosa. So contare e quindi no, non sono pazza. Vedrete più di sei piatti perché ho voluto assaggiare qualcosa di extra...ogni scusa è buona!). Partiamo? Seguitemi.

Le danze si aprono con un Ribolla spumantizzato con metodo classico, con le uve di Rebula e di Ribolla Gialla, che vengono affinate sui lieviti fino a 18 mesi per ottenere uno spumante che viene imbottigliato solo due anni dopo la vendemmia. Si chiama “SINEFINIS”, un nome evocativo che si traduce in senza confini; si tratta di un bellissimo progetto creato da due viticoltori, Cetrtic e Princic, rispettivamente del Collio sloveno (il Brda) e di quello italiano.

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Mi accompagnano in questo viaggio un profumatissimo pane fatto in casa con noci e olive e del burro affumicato con bacche di ginepro (fate i bravi, non fiondatevi sulla pagnottella perché se no non riuscirete ad assaporare tutte le portate).

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Inizio con una foglia d’alloro che funge da forchetta; basterà prenderla e tutto d’un fiato azzannare questo grazioso raviolo Umami con aglio nero e cuore di cicala di mare. La bontà è sentire il profumo dell'alloro, la cui foglia viene flambata rilasciando un piacevolissimo sentore aromatico.

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Con un buon calice di Zuani, un uvaggio di Chardonnay, Sauvignon, Pinot Grigio e Friulano, ecco arrivare una delicatissima capasanta. Vi svelo una curiosità, lo sapete perché si chiama così? Il suo nome, composto da cappa, mantello, e santa, deriva dal fatto che la valva inferiore di questo mollusco fungeva da tazza per l'acqua ai pellegrini che si recavano al santuario di San Giacomo di Compostella.

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E la capasanta assaggiata qui è una delle più buone mai assaggiate. La presentazione è incredibile, chiusa nella sua conchiglia e avvolta in una crosta di pasta frolla costellata di scaglie di sale affumicato. Al suo interno funghi shiitake affumicati (che io adoro), asparago di mare e pepe timut.

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Poi ecco arrivare i ravioli ripieni di scampi, bisque e coste picchiate...e che coste, eccezionali Vengo successivamente a sapere che la maggior parte della verdura e tutte le erbe aromatiche che troverete nei piatti arrivano dall'orto di Matija. Perché oltre ad esser chef, possiede anche 9 ettari di terra in Slovenia dove coltiva molte prelibatezze.

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E a proposito di verdure, la prossima proposta è davvero SUPER e TUTTA VEGETALE. Non lo dico io, ma il mio Giovanni, dieci anni, ha commentato con un “è un ottimo piatto”. Erbette, carote e una citronette al limone e miele. Delizia. Tutto è commestibile, dai fiori di calendula al formidabile elicriso.

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Accolgo poi una rana pescatrice con prosciutto crudo istriano, cime di rapa e maionese alla curcuma spaziale. I fiorellini delle cime di rapa, la nota cromatica della maionese...tutto mi porta a pensare alla primavera!

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E se di primavera vogliam parlare, i pisellini novelli dobbiam mangiare! Sono loro, assieme alle patate, ad accompagnare un morbidissimo calamaro dell’Adriatico. Resto stupita dalla croccantezza delle verdure e da un profumo di limone che mi manda momentaneamente in tilt: limone o cardamomo, questo il dilemma. Nessuno dei due, o meglio, limone fermentato! Mi sono fatta raccontare come realizzarlo perché vi giuro, è spettacolare 🙂

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A chiudere questo lauto pasto ci pensa il dolce, un dessert preparato dalla pastry chef di casa, alias Marzia Turco. Siciliana, classe 1991, a Trieste per motivi di studio, anche lei incrocia questo mestiere quasi per caso. Cosa assaggio?

Un bisquit speziato con crema pralinata ai pinoli, pompelmo al sangue e in riduzione. Non aggiungo altro.

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Incredibile pensare che dietro a questa poesia ci siano un ex arbitro di basket, una studentessa siciliana e un neuropsicologo. Chi? Daniele Pizzioli, un ragazzo del 1984 e ora braccio destro di Matija. Una squadra che non supera i 34 anni, senza scuole professionali alle spalle ma con tanta, tantissima passione. No, non è un caso. Questo era destino!

E ora che vi ho avvisati, sono certa che pure voi non capiterete qui per caso. Bravi ragazzi!

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