Ormai avrete imparato a conoscermi. Amo i sapori della cucina più tradizionale ma non disdegno le novità in campo culinario; fusion, mode più o meno radicate e quant'altro. D'altronde, signori miei, siamo nel 2017!
E il posto di cui sto per parlarvi lo definirei proprio così; una base di cucina giapponese, con tagli di pesce da manuale quali sushi e tataki, e materia prima locale. Caprino, rosa di Gorizia, finocchio, frutta, verdura e pescato delle nostre zone!
Certamente i grandi maestri di sushi del Sol Levante griderebbero educatamente sottovoce, ma io, prima di farlo, voglio testare con mano...e così eccomi a Gorizia, in viale XX Settembre, una zona appena fuori dal centro, per provare la cucina di YouSushi.
In un ambiente moderno dove la mise en place segue diligentemente le regole del Giappone, il bicchiere a sinistra, il piattino per la salsa di soia sulla destra, le bacchette ed il tovagliolo davanti al piatto, sono piccole catenelle di luci a creare un'atmosfera calda e delicata, molto intima.
Qui si può scegliere se accomodarsi al tavolo o – meraviglia - mangiare al banco dove Adriano Maniacco preparerà i piatti passo dopo passo sotto agli occhi del cliente, seguendo i SUOI gusti, le SUE richieste ed il SUO palato.
Avete letto bene, Adriano è il Sushi Chef, nessun occhio a mandorla, ma un ragazzo goriziano classe 1983 appassionato della cucina nipponica: è lui a creare con tanto amore le portate qui servite.
Da cinque anni tiene le redini di questo locale, ma fino ad un anno e mezzo fa condivideva questa avventura con un socio che gestiva la sala; Adriano se ne stava in cucina, lavorando spalla a spalla prima con con uno chef nippo brasiliano, successivamente con una Sushi Chef. I suoi occhi hanno saputo rubare ed imparare un sacco di cose, dalle tecniche del taglio del pesce alla sua lavorazione e conservazione.
Oggi, insieme alla sua nuova socia Lara Starz, YouSushi prende spazio in un nuovo e divertente progetto, un abito composto da un chimono abbinato nientepopodimeno che a delle scarpez 🙂 Perché influenza e creatività sono sinonimi di sperimentazione e coraggio che, se presentati con cognizione di causa, non stonano affatto!
Goriziana anche lei, Lara per vent’anni ha vissuto cavalcando innumerevoli esperienze che l'hanno portata a Roma, dove ha frequentato i ristoranti più blasonati quale il piano bar Hostaria dell’Orso e l'Harry's, a Capri al mitico Number One e tanto altro. Ha inoltre collaborato con la catena Boscolo in qualità di barlady.
Elegante e posata, ha la classica impostazione dei locali di un certo livello; la sua passione per i cocktail l'ha portata anche qui, perché l'offerta presentata è davvero incredibile, un lavoro fatto a quattro mani con Domenico Maura (docente e sperimentatore AIBES). Una poesia per i vostri palati. Fate attenzione perché bevuto il primo non potrete rinunciare ad un susseguirsi di colori, sapori e incredibili combinazioni dove la ricerca del Made in Friuli è sempre presente!
Io ho provato il suo favoloso Americano, rimanendone stupita (e, ebbene sì, con tanto di bis!): cubetti di ghiaccio PIENI inondati dal Fred Jerbis, un vermouth fatto in Friuli, e dall'amaro Nonino (è lui a sostituire il Campari), con l'aggiunta di una goccia di acqua frizzante «perché la soda non è proprio autoctona» spiega Laura. E ancora, una scorzetta di arancia, una di limone e...via! Formidabile.
Mentre sorseggio e gusto il mio cocktail al banco noto un'amabile commistione di bottiglie esposte: l'etichetta Gravner sta fianco a fianco con quelle giapponesi, dieci delle quali preannunciano ottimi sakè. Un mix di culture ordinato e rispettoso.
Ma al secondo bicchiere avverto la necessità di mettere qualcosa di buono sotto ai denti. E allora, vediamo cosa ho mangiato 🙂
Ecco scivolare davanti a me un piatto di crudi incredibile; carpaccio di branzino tagliato grosso con sale allo yuzu ed un ristretto di melograno, miele e Passoa; una tartare di tonno con sale di Maldon, olio di sesamo e polvere d’alga nori; un Nighiri di salmone flambato con crema di rosa di Gorizia e, per finire, un Gunkan con tartara di branzino al lime e foglia di ravanello avvolto non dalla consueta alga ma da una zucchina sottile e grigliata. Spettacolo!
Sì ma...è solo l'inizio. Arriva ancora un crudo, un roll simile ad un uramaki con crema di caprino e schiso, gambero cotto al vapore e marinato allo zenzero, zucchina grigliata e pomodorino confit. Leggero e delicato.
Salsa di soia e wasabi sono eccellenti, tant'è vero che quest'ultimo non è risultato per nulla aggressivo come solitamente accade: niente lacrime tipo attacco di raffreddore improvviso!
A ruota, ecco arrivare il gambero in raviolo; la pasta usata è quella caratteristica dei gyoza e sopra c'è una polverina di alga nori. Ad accompagnarlo, una spuma di sesamo nero ed un estratto di mango che regala una dolcezza e freschezza assoluta.
E poi? Poi è il turno di Sua Maestà la tempura, che qui racchiude un tenerissimo calamaro, accompagnata da una delicatissima gelatina di cipolla rossa di Cavasso...un matrimonio perfetto!
Ma la volete sapere la cosa incredibile? La salsa di soia nel piattino è ancora tutta lì, non ho dovuto richiederne una dose extra come capitava alle mie primissime uscite al ristorante cinese o giapponese negli anni Novanta.
Non ho sentito la necessità di annegarci i bocconi all'interno; o meglio, non vi nego di aver voluto provare ad affondarci qualcosina dentro (nonostante Adriano me lo sconsigliasse), ed effettivamente la salsa in alcuni casi andava a sovrastare completamente i sapori delicati e genuini di quei piatti.
E alla tempura segue il sakè, che in Giappone sostituisce il nostro vino. La gradazione alcolica oscilla tra i 10° e i 17°. Lara mi racconta un po’ la storia di questa bevanda ottenuta dal riso non commestibile, raccolto integrale e poi levigato. Più il chicco viene levigato, più diventerà sottile e più il sakè risulterà buono. Quello che assaggio io ha il 60% di levigatura...dunque, buonissimo! Al naso arrivano sentori di fiori di ciliegio e pesco e il sapore ha il tipico gusto della frutta matura come il melone e la pesca gialla.
Ragazzi, quante cose nuove! Io il sakè lo avevo provato solo una volta nella mia vita e mi era stato servito a 10.000 gradi Fahrenheit in un piccolissimo bicchierino di ceramica. Dopo l’ustione al palato, non avevo più voluto affrontare il discorso con questa bevanda lavica, che qui ho invece avuto il piacere di assaporare in un classico calice da vino bianco a temperatura ambiente.
Che dite, torniamo ai piatti? Ecco arrivare al tavolo quello che forse ho preferito più di tutti. Un’esplosione di sapori, un intingolo di bontà, una fusione di gusti decisi e perfettamente equilibrati: un piatto talmente buono che solo a parlarvene mi emoziono!
Sto parlando di una incredibile zuppa Sukiyaki: un brodo vegetale con gli udon, manzo caramellato con soia, carote e porro stufati e fungo shiitake alla piastra con cappuccio marinato. Se mai decideste di provare questa cucina, vi prego, credetemi, ASSAGGIATELO!
Provata da una lauta, lautissima cena, non sono riuscita a testare le altre meraviglie della casa; mannaggia, urgerà nuova visita. E così, dopo la zuppa, ho deciso di abbandonare il campo e chiudere con i dolci, affiancati da un formidabile liquore di yuzu, un agrume giapponese ricco di vitamina C e sostanze antiossidanti (che alla soglia dei 40 anni non fanno male 😉 ).
E accanto a lui, ecco i mochi! Simpatiche palline di farina di riso glutinoso che racchiudono una specie di gelato dai gusti più disparati: mango, cocco e cheesecake.
Per non farmi mancare nulla, chiudo con un semifreddo aromatizzato al cardamomo con colata fresca di crema inglese, crumble di frolla al tè verde e grani di melograno: un dolce adatto anche ai celiaci.
Oops! Scusatemi, solo ora mi rendo conto di aver scritto un articolo chilometrico. Ma non potevo fare diversamente, dovevo raccontarvi tutto nei minimi dettagli...e sicuramente, ci metto le mani sul fuoco, qualcosa mi sarà sfuggita.
Ma dal momento che ci sono un po' di novità che bollono nel nabemono, vi prometto che appena sarà tutto pronto tornerò a parlarvene!
Per il momento da Gorione (fusion di Gorizia/Giappone) è tutto. Passo e chiudo.
Ph. Andrea Zangrando